PASTORALE
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VIA CRUCIS 2021
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"dove due o tre..."


Francesco Giovenzana
Aurora Lungarno
Giacomo Mauri
Marta Ravasi



Canto iniziale:        
Li amò sino alla fine, seconda strofa "E fu pieno giorno…"
Nel nome del Padre ...


Introduzione
Il Venerdì Santo è per tutti giorno di estrema solitudine.
Il precipitare degli eventi spacca le comunità, distrugge i legami. Si insinuano sentimenti di paura, tristezza, sfiducia, disperazione. La tentazione prima, sempre presente nella vita di ognuno, è quella della rinuncia, dell'abbandono, dell'annichilimento. Ma dalla solitudine atroce di Gesù crocifisso iniziano a nascere nuove relazioni, quasi fili di ragnatela. Impercettibili, eppure già forti, e destinati a diventare indistruttibili; fili chiamati a diventare semi di una comunità nuova.
Oggi pomeriggio vogliamo affidare al Signore Gesù tutte le nostre solitudini, tutti i nostri momenti di sconforto presenti, passati e futuri: la Grazia di Dio possa gettare a partire da questi dolori le basi di un'esistenza pienamente risorta, oggi e per l'eternità.
In un istante di silenzio, chiediamo questo dono per noi e per tutti.
Seduti



Prima stazione - Gesù nell'orto degli ulivi
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 22, 39-46)
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: "Pregate, per non entrare in tentazione". Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà". Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione".


Riflessione
Arrivati nell'orto degli ulivi, le strade dei discepoli e di Gesù si separano. Prima di allontanarsi da loro però Gesù dice "Pregate per non entrare in tentazione"; questa frase è rivolta, in realtà, a tutti noi; a tutti noi che come gli apostoli pensiamo di potercela fare da soli, di poter trovare la serenità senza l'aiuto di Dio. Ognuno dei personaggi di questa vicenda, in questo momento, come probabilmente molti di noi in questo periodo, è gravato dal peso della solitudine. I discepoli dormono per allontanare la sofferenza, non cercano di affrontarla: si addormentano per potersi distrarre dalla sofferenza, per spostare momentaneamente questo sentimento di solitudine dal loro cuore. Anche Gesù in questo passo rimane solo; la differenza con gli apostoli però è che lui non cerca di ignorare la sua sofferenza, ma si affida alla volontà del Padre, trovando in Dio un accompagnatore che non lo abbandona mai. Nella nostra vita non si contano le situazioni in cui - dal nulla - iniziamo a provare tristezza e angoscia. Non capiamo neanche il perché, ma l'ansia ed il panico ci colgono, e non sappiamo più come andare avanti. Sono momenti di prova, talvolta durissima, ma Gesù ci insegna che si può sempre trovare la forza e il conforto nella preghiera e nel dialogo con Dio.


Preghiamo con le parole del salmo 30 (vv. 10-17), a cori alterni.
Primo coro i fedeli da questo lato della chiesa, secondo coro quelli dall'altro

Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si struggono i miei occhi,
la mia anima e le mie viscere.
Si consuma nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore,
si dissolvono tutte le mie ossa.
Sono l'obbrobrio dei miei nemici,
il disgusto dei miei vicini,
l'orrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono caduto in oblio come un morto,
sono divenuto un rifiuto.
Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
Ma io confido in te, Signore;
dico: "Tu sei il mio Dio,
nelle tue mani sono i miei giorni".
Liberami dalla mano dei miei nemici,
dalla stretta dei miei persecutori:
fa' splendere il tuo volto sul tuo servo,
salvami per la tua misericordia.



Seconda stazione - Gesù è rinnegato da Pietro
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 14,66-72)
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote  e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: "Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù". Ma egli negò, dicendo: "Non so e non capisco che cosa dici". Poi uscì fuori verso l'ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: "Costui è uno di loro". Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: "È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo". Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quest'uomo di cui parlate". E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: "Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai". E scoppiò in pianto.


Riflessione
La notte è quasi conclusa, a breve sarà giorno. Un'altra prova, faticosa e fallimentare: Pietro confida  solamente nel suo carattere, nella sua audacia. Sa di essere testardo, irremovibile come una roccia, e crede che questo basti per confessare Cristo: di fronte alla prova però il suo convincimento viene rapidamente smentito. Del resto, nel cortile del sommo sacerdote si trova solo, privo di sguardi amici, di fronte ad un gruppo di persone che lo accusa facendo leva anche sulla sua provenienza geografica. Di fronte a questa situazione Pietro cade, cede alla tentazione.
Ma passano pochi istanti e scoppia in pianto, riconosce il suo errore, il senso di colpa prende il sopravvento su di lui. Ma non finisce qui: quello di Pietro è sincero pentimento, non senso di colpa. Comprende che lui, da solo, non potrà mai essere come il suo maestro, solo stando unito a Gesù sarà davvero pietra, roccia che fonda la Chiesa.
Ognuno di noi non potrà aspettarsi di raggiungere il perdono, finché resta nella propria solitudine; dopo aver compiuto uno sbaglio infatti non serve a nulla prendersela con noi stessi. Il senso di colpa ripiegato su noi stessi è solo una via molto efficace di autoassoluzione. Solo riconoscendo, confessando il nostro peccato a Gesù possiamo davvero essere assolti. Questo è quello che Pietro ci insegna a fare.


Preghiera
Gesù, le nostre vite non sono perfette.
Il tradimento, il rinnegamento, la codardia sono parte delle nostre relazioni.
Siamo deboli, una donna davanti a un braciere
nel cortile del Sommo Sacerdote
può cancellare anni di vita insieme.
Un momento di paura
può svelare tutta la drammatica fragilità del nostro amare.
Signore, guardaci tu,
donaci di fare esperienza vera e concreta del tuo amore,
donaci di farlo nella Parola,
donaci di farlo nei Sacramenti,
donaci di farlo nelle relazioni che costituiscono la nostra vita,
oggi e sempre.
Amen.



Terza stazione - Giuda il traditore si toglie la vita
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27,3-5)
Allora Giuda - colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: "Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente". Ma quelli dissero: "A noi che importa? Pensaci tu!". Egli allora, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi.                 


Riflessione
Ci sono momenti, nella nostra vita, in cui ci si spalanca l'inferno sotto i piedi. Ci rendiamo improvvisamente conto del male che abbiamo fatto.
Può essere il rimorso subito dopo una parola che non avremmo voluto dire o un'azione che non avremmo voluto fare; può essere lo scoprire che certi aspetti del nostro carattere, della nostra vita relazionale e comunitaria sono gravemente contrari allo spirito evangelico. Può essere qualunque cosa, ma in ogni caso ci diciamo: "Abbiamo tradito sangue innocente", e sprofondiamo nel senso di colpa e nel rimorso. Ci sentiamo colpevolmente soli nella nostra meschinità, lontani da Dio e dai fratelli. E Giuda da questa solitudine non esce. Il suo dolore, il suo rimorso non riesce a diventare sincero pentimento, non riesce ad arrivare alla richiesta di perdono. Del resto, anche gli anziani fanno spallucce: "pensaci tu", il tuo dolore non ci riguarda.
Il suicidio, oggi come allora, nasce dalla solitudine: ricchi, poveri, sani, malati, colpevoli, innocenti, qualunque sia la condizione ci si sente soli di fronte a un mondo impermeabile al proprio grido. Tanto più ora: sale la marea della depressione giovanile, la povertà avanza, all'orizzonte la catastrofe climatica. Chiusi nella propria stanza, il futuro appare senza speranza.
L'epilogo tragico della vicenda di Giuda ci insegni a non lasciare mai da solo chi si sente - a torto o a ragione - meschino, colpevole, sporco o inadeguato, per qualunque motivo. Ci insegni a non lasciarci mai vicendevolmente soli.
Perché Giuda è morto reo del Sangue di Cristo, ma i capi dei sacerdoti e gli anziani sono rei anche del sangue di Giuda.


Preghiamo con le parole del profeta Giona
nel ventre della Balena, a cori alterni (Gn 2, 4-8):
Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare,
e le correnti mi hanno circondato;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
Io dicevo: "Sono scacciato
lontano dai tuoi occhi;
eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio".
Le acque mi hanno sommerso fino alla gola,
l'abisso mi ha avvolto,
l'alga si è avvinta al mio capo.
Sono sceso alle radici dei monti,
la terra ha chiuso le sue spranghe
dietro a me per sempre.
Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita,
Signore, mio Dio.
Quando in me sentivo venir meno la vita,
ho ricordato il Signore.
La mia preghiera è giunta fino a te,
fino al tuo santo tempio.



Quarta stazione - Gesù è giudicato da Pilato
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27, 11-19)
Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: "Sei tu il re dei Giudei?". Gesù rispose: "Tu lo dici". E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.  Allora Pilato gli disse: "Non senti quante testimonianze portano contro di te?". Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito.
A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba.  Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: "Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?".  Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: "Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua".


Riflessione
Pilato è solo.
Guarda Gesù, e non capisce.
Guarda i capi dei farisei, e vede un cumulo di odio e rabbia; pronto però ad innescare la rivolta del popolo, Pilato lo sa bene. Il popolo di Gerusalemme è manipolabile, ieri acclamava Gesù, oggi è pronto a mandarlo a morte.
E come se non bastasse, anche il conforto della moglie viene meno: "non averci a che fare", è oltre le tue possibilità capire qualcosa di quest'uomo. Ma è proprio il suo dovere, è preciso compito del governatore romano giudicare della vita dei sudditi.
Cosa può fare, davvero, Pilato?
È un uomo solo, davanti ad una massa di uomini soli. Lo aveva detto Gesù, di fronte alla folla che chiedeva pane, sono come pecore senza pastore. Il popolo di Gerusalemme è massa, è turba, non è vera comunità. E allora bastano poche parole ben piazzate perché un noto criminale sia preferibile a Gesù.
Il pensiero torna allora alle nostre esistenze, a tutte quelle volte in cui - nel nostro vivere civile - ci rendiamo manipolabili; a tutte quelle occasioni in cui lasciamo che agisca la nostra pancia; e pensiamo anche a quelle occasioni in cui la distanza esistenziale (prima ancora che fisica o sociale) dagli altri genera una solitudine che ci rende infelici, arrabbiati, slegati dal prossimo. Ci pare di essere liberi, ma in realtà il flusso della nostra emotività è sapientemente incanalato da altri, per i loro interessi. E così, senza accorgercene, abbiamo mandato a morte il Figlio di Dio.


Preghiamo rispondendo ad ogni invocazione:
Per tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nella politica, perché possano essere pronti a fare le scelte giuste per il bene  comune senza tirarsi indietro:
  • La tua luce sia guida e li sostenga.

Per tutti noi cittadini, perché possiamo avere un approccio equilibrato ed evangelico al mondo e alle sue questioni
  • Sostienici Signore e guidaci verso la tua strada.

Per questi tempi difficili, perché non ci scoraggiamo e continuiamo a resistere consapevoli della tua consolante presenza
  • Aiutaci Signore, e rafforza la nostra fede.

In piedi



Quinta stazione - Gesù promette il suo regno al buon ladrone
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal vangelo secondo Luca (Lc 23,39-43)
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!". L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male". E disse: "Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".


Riflessione
Cosa sa un criminale della vita sociale? Cosa sa un malfattore del senso di comunità? Al di là della retorica, spesso e volenteri la vita di un criminale è una vita solitaria. E la morte cui è condannato ne è l'apice: quale dei suoi cari, ammesso che ne avesse, sarà stato sotto la sua croce? Chi avrà accettato di essere bollato come parente, amico di un criminale? Eppure quest'uomo capisce, e va al cuore della questione.
Ormai è condannato il ladrone e gli appare giusto che sia così, ma lui non insulta Gesù, non gli chiede di salvarsi e di salvarlo, nemmeno lì sulla croce; chiede invece a Gesù di ricordarsi di lui quando sarà nel suo regno. Getta dunque un ultimo ponte per cercare non di salvarsi dalla morte e dalla condanna ma per essere ricordato e accolto.
È un comportamento diverso da quello dell'altro ladrone che invece chiede anzi intima Gesù di salvarsi e di salvarlo, e forse è anche quello che ogni tanto facciamo anche noi, chiediamo e forse ci aspettiamo quasi pretendiamo di essere accontentati. La salvezza, per noi, spesso oscilla tra una vaghissima idea di un paradiso estremamente astratto e un "e vissero tutti felici e contenti" nell'immanenza di questa terra. Insomma, una salvezza per noi, al più per i nostri cari. Ma noi soli, a chiedere a Gesù ciò che ci pare bene.
Ci sfugge il con me pronunciato da Gesù. Ci sfugge che la salvezza è - soprattutto - affidamento.


Preghiera:
Signore Gesù, arriviamo tardi.
Il male che nella nostra vita abbiamo fatto
oggi è portato alle sue estreme conseguenze:
soli, condannati.
Sarà stata la rabbia, sarà stato l'orgoglio o chissà che cosa,
ma ora la nostra vita è in macerie:
accozzaglia di cocci
soli, condannati.
Anche ora, Signore, ricordati di noi,
placa il nostro orgoglio che vorrebbe salvezza
solitaria e a buon mercato,
e donaci di vivere con te
figli nel Figlio.
Amen.



Sesta stazione - Gesù in croce, la madre e il discepolo
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,26-27)
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre!". E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.


Riflessione
Giovanni e Maria, due grandissime solitudini, finalmente completate. La madre di Gesù e il discepolo che egli tanto amava uniti in un momento così doloroso ma allo stesso tempo di immensa rinascita per i due. Gesù affida l'uno all'altra, la solitudine lascia il posto ad una comunione, anzi ancora di più: si fanno casa comune, frutto di un'accoglienza reciproca pronta ad accogliere nuove persone, costituiscono un'origine da cui poter ripartire. Dopo la Resurrezione, questa fusione sarà a pieno titolo il nocciolo duro e inscalfibile della Chiesa. Nocciolo a cui tornare quando ci sentiamo sfiduciati, quando tutto sembra perso. Nocciolo cui la Chiesa deve sempre tornare nella sua storia, quando sembra che sia vicina la sconfitta. Quando tutto sembra perduto non si può che stare in silenzio sotto la Croce, quasi fondendosi con i fratelli che soffrono con noi, accanto a noi. Chi era scappato osserverà l'esempio, e tornerà.


Preghiera (in canto)
Spirito che animi la Chiesa e la rinnovi
Donale fortezza, fa che sia fedele
Come Cristo che muore e risorge perché
Il Regno del Padre si compia in mezzo a voi, abbiate fede in Lui



Settima stazione - Gesù muore sulla croce
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 15, 33-39)
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: " Eloì, Eloì, lemà sabactàni?", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: "Ecco, chiama Elia!". Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere , dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere". Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!".


Riflessione
[...] Spazio di silenzio per ognuno. Sul libretto si lascia spazio bianco per la riflessione personale



Ottava stazione - Gesù è deposto nel sepolcro
Tutti: Oh, oh, oh, adoramus Te, Domine

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 38-42)
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.


Riflessione
Ci piacerebbe - forse - essere come Giovanni e Maria. Ci piacerebbe essere forti come loro, restare con Gesù sotto la croce; ci sembrerebbe un po' di essere nelle scene madri dei film drammatici, quelle piene di pathos. Protagonisti dell'azione.
Purtroppo non lo siamo: il dato di realtà ci rende spesso simili a Giuseppe di Arimatea e Nicodemo: presenti ma in disparte, bloccati dal timore dei giudei. Il dato di realtà della nostra vita ci dice che salire il Calvario è un percorso estremamente lungo.
Ma anche per noi, profeti da strapazzo, discepoli deludenti, uomini inferiori alle aspettative, c'è una parola.  E la parola è che a piccoli passi possiamo avvicinarci a Gesù. Non da soli, almeno in due, per farci forza nel guardare il corpo morto del Figlio di Dio, vedendo nelle sue piaghe le nostre indegnità. Almeno in due, per preparare la sepoltura di Gesù, e continuare a sperare.


Contemplando il corpo di Cristo deposto nel sepolcro,
preghiamo per noi e per tutti:
Tutti: Padre, non lasciarci soli nella notte
-        Quando le nostre speranze si infrangono miseramente:
-        Quando la nostra fede vacilla:
-        Quando sprofondiamo nei nostri peccati:
-        Quando ci sentiamo traditi da chi amiamo:
-        Quando vediamo solo male intorno a noi ed in noi stessi:
Seduti.



Pensiero di don Lorenzo
In piedi.


Preghiera finale
Signore Gesù, ora che sei morto
il tuo corpo riposa solo nel sepolcro
e abbandonando ogni sguardo ci lasci con noi stessi,
con le nostre paure ed angosce.
Noi ora siamo qui a vegliarti, soli.
Altro non possiamo fare se non invocare il tuo Spirito.

Ci aiuti a ricordare che la tua mano amica e potente
anche noi riporterà in vita,
anche noi accoglierà nella gloria,
non essendo noi stati creati per piangere, ma per gioire;
non per la disperazione, ma per la speranza;
non per la morte, ma per la vita;
fa' che vivendo in comunione con le sue sofferenze,
partecipiamo un giorno alla gloria della sua risurrezione.

Poiché il nemico che ci vince
lo ha vinto l'Amore,
che morendo per noi ci fa in lui vincitori.
Entra, dunque, nei nostri sepolcri:
ravviva la scintilla del tuo amore
nel cuore di ogni uomo,
nel grembo di ogni famiglia,
nel cammino di ogni popolo.
Amen.


Conclusione
Sac: Benedetto il Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli.
Tutti: Amen.
S: Il Signore ci benedica e ci esaudisca.
T: Amen.
S: Andiamo in pace.
T: Nel nome di Cristo.


Canto finale:
Quando venne la sua ora.